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Tecnologia e archeologia la Domus dell’Aventino apre alle visite |Documentazione – Archeomatica

Tecnologia e archeologia la Domus dell’Aventino apre alle visite

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conservazione restauro

BOLOGNAUmidità da risalita nelle costruzioni – CNT

Giovedì 14 Novembre | Palazzo Dall’Armi Marescalchi | BOLOGNA Umidità da risalita nelle costruzioni: diagnosi e metodi dalle tecniche invasive al […]

L’umidità da risalita capillare costituisce da sempre uno dei problemi che si presentano più frequentemente negli interventi di recupero e/o restauro su immobili e strutture di qualsiasi epoca, in particolar modo nell’edilizia storica.
Data la grande diffusione del problema ed il proliferare di varie tecniche e sistemi rivelatisi solo parzialmente efficaci, vige ancor oggi tra gli addetti ai lavori un diffuso senso di incertezza sull’effettiva valenza di tali tecniche, e ciò anche a causa della perdurante mancanza di una normativa specifica per il settore.
In tale quadro, il presente seminario tecnico si prefigge l’obiettivo di fornire ai partecipanti i riferimenti fondamentali per una corretta progettazione dell’intervento di protezione dall’umidità da risalita ed una scelta consapevole tra le varie soluzioni e/o prodotti attualmente proposti dal mercato.
Vengono quindi analizzate, allo scopo di individuarne pregi e/o carenze, le varie tecniche d’intervento contro l’umidità di risalita, tra cui in particolare il Metodo CNT (tecnologia a neutralizzazione di carica), che ha ottenuto la validazione dei risultati attraverso sperimentazioni condotte in modo indipendente dagli studiosi di varie Università, nell’ambito dello specifico Progetto di Ricerca CNT-APPs.[…]

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conservazione

Il restauro architettonico e la progettazione sui beni culturali secondo l’architetto Andrea Bruno – Il Giornale del Restauro e del Recupero dell’Arte

L’architetto Andrea Bruno, torinese di classe ’31, vanta una carriera ricca di premi, riconoscimenti internazionali ed esperienze professionali di primo rilievo. Dal 1974 è Consulente UNESCO per il restauro e la conservazione del patrimonio artistico e culturale e grazie alla eterogeneità delle progettazioni affrontate, rappresenta oggi una delle voci più rappresentative e riconosciute non solo in ambito accademico.

Architetto,  ci spieghi cosa è secondo lei il restauro architettonico?

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Sorgente: Il restauro architettonico e la progettazione sui beni culturali secondo l’architetto Andrea Bruno – Il Giornale del Restauro e del Recupero dell’Arte

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restauro

Materiali lapidei: pietre e stucchi.

I materiali lapidei: pietra, cotto, stucchi, malte ed intonaci.

Ogni volta che interveniamo per la manutenzione o il restauro di edifici, monumenti o inserti architettonici lavoriamo su materiali lapidei.
materiale lapideo, marmo
Marmo, travertino, calcare, arenaria, da secoli vengono utilizzati per abbellire le facciate di palazzi, come basi e capitelli per colonne, bancali per finestre, colonne, placche superficiali, …

Le strutture sono costruite in mattoni di argilla, cotti al forno o pietra, scavata e tagliata.

Successivamente, vengono ricoperte con malte a base di calce e sabbia: l’intonaco.

Da ultimo, si possono integrare modanature, altorilevi ed inserti vari in stucchi gessosi, variamente modellati.

Il tutto può essere dipinto o decorato con tecniche a fresco, per gli intonaci a base di calce, o a secco.
materiali lapidei, mattoni.
Il materiale lapideo usato viene scelto sulla base della disponibilità e la vicinanza territoriale: in Toscana abbiamo un grande utilizzo di marmi, estratti sulle Alpi Apuane; nel Lazio abbonda il travertino, in Emilia-Romagna i materiali principali da costruzione sono il cotto (mattoni di varie forme, inserti vari di terracotta e ceramica) e l’arenaria.

Altro materiale lapideo diffuso è il calcare.

materiali lapidei, stucco.Per le sculture si privilegiava il marmo, mentre per capitelli, ornamenti, placcature murarie di base, si preferivano materiali meno costosi (travertino, arenaria, pietra serena) o cotto o stucco gessoso.

Le pietre rocciose hanno delle caratteristiche specifiche, sono molto diverse tra di loro sia per morfologia che per colore, quindi cerchiamo di approfondire queste diversità tra di loro e tra i vari materiali lapidei.

La conoscenza dei materiali lapidei utilizzati è condizione primaria per impostare qualsiasi intervento manutentivo, conservativo o di restauro.
Cerchiamo di analizzare i vari aspetti materici, le tipologie e le caratteristiche dei materiali lapidei.

Ricostruzione di materiali lapidei caduti o mancanti, in pietra, mattoni o applicazioni in cotto.

Non sempre le parti lapidee su cui interveniamo sono complete; possono presentare rotture, lacune o cadute varie.

La loro ricostruzione o integrazione pone qualche dilemma sulle tipologie di materiali ed i metodi da adottare.

Il legante migliore da utilizzare è la calce, nelle diverse forme reperibili in commercio, aerea, idraulica, nanocalci, misture varie tipo i prodotti Ledan, ed altri.

Scelto il legante si valuta quale inerte utilizzare, preferibilmente polvere della stessa pietra che dobbiamo integrare; nel caso si utilizzassero sabbie, occorre prestare attenzione al colore dei microsassolini presenti: non devono essere in contrasto con le cromìe dell’opera originale.

Ad esempio i muri emiliano-romagnoli hanno le malte composte di sabbia estratta in loco, prevalentemente chiara e giallognola, e presentano una colorazione tendente al giallo-nocciola; la sabbia del Po, i cui sassolini sono in prevalenza neri o grigio antracite, darà un risultato stridente.

materiale lapideo, calcare.L’integrazione di lacune, si può ottenere con una malta composta di Ledan C30 e polvere dello stesso materiale di quello in opera.

Dopo averli miscelati in rapporto di 1:3(o 2,5), con l’aggiunta di acqua fino ad ottenerne una pastella densa, non colabile, si applicano ad integrazione delle rotture.

La malta deve essere sagomata prima della sua asciugatura, per ottenerne una maggior resistenza agli agenti atmosferici. materiali lapidei, calcare rosso Verona.

Anche nel caso di mattoni o altre tipologie lapidee si può intervenire, variando l’inerte: per i mattoni si utilizza polvere di coccio pesto fine; nella serie fotografica seguente, è evidenziato il percorso operativo.

materiali lapidei, campione in gesso.
campione in gesso di mattone da ricostruire
materiale lapideo, stampo per mattone.
stampi in gomma siliconica.

Con il legante più consono, e le polveri più simili ai materiali usati, si possono ottenere buoni risultati di ricostruzione.

Questa si presenta necessaria ogniqualvolta che si interviene su strutture in uso, che richiedano un loro recupero completo.

Integrabili con questi metodi sono tutte le parti ricavate da rocce, o argille e cotti.

Una delle funzioni delle patine è di protezione delle superfici, dalle possibili erosioni nel tempo, dall’attacco di insetti, batteri o virus: è uno strato isolante, che inibisce il contatto con gli agenti atmosferici.

materiale lapideo, mattone
mattone diamantato ricostruito

Per quanto possano essere di difficile alterazione e durature, resistono per un tempo notevolmente inferiore a quella dell’opera, sono sacrificabili: in caso di alterazione del film protettivo, lo si asporta e se ne riapplica uno analogo, con le stesse funzionalità.

A Bologna e provincia per la costruzione di palazzi avevamo abbondanza di argilla ed arenaria.

Con la prima si costruiscono mattoni, la seconda è una pietra plasmabile, ma non molto resistente: è di origine sedimentaria, risultato di pressione, e tende a sgretolarsi.

I palazzi bolognesi sono realizzati quasi interamente con questi materiali.

Per abbellire le superfici e preservarle nel tempo si sono adottati procedimenti di sagramatura, per i mattoni, e scialbatura per le arenarie: nulla veniva lasciato a vista.

materiale lapideo, sagramatura.
sagramatura di pilasto in cotto.

La sagramatura veniva ottenuta con lo sfregamento di mattoni non completamente cotti e calce sulle pareti fino ad ottenere uno strato uniforme di polvere di cotto e calce di qualche millimetro.

Successivamente con l’applicazione di ferri caldi si accelerava la carbonatazione superficiale della calce ottenendo in brevissimo tempo un film superficiale molto resistente, simile alla pellicola che troviamo nel guscio delle uova.

materiale lapideo, scialbatura.
scialbatura capitello arenaria

La scialbatura la otteniamo applicando una maltina, o boiacca, composta di una miscela di polvere di arenaria, sabbia fine, calce aerea ed eventualmente un pigmento per ottenere il colore giallogolo tipico della stessa pietra.

In questo modo rivestiamo l’arenaria con un film avente le stesse caratteristiche estetiche, ma che può degradarsi preservando la pietra sottostante.

Risanamento e ricostruzione di stucchi, modanature o figure antropomorfe o altro.

Abbellimenti in stucco si sono realizzati con costanza, nel tempo; modanature, altorilievi, inserti antropomorfi, motivi floreali hanno spesso incorniciato ed impreziosito le opere murarie, pareti, soffitti, mensole, camini, … e qualsiasi altra struttura lapidea.

Immagini riprese dalla cultura classica (greco-romana), dalla natura (foglie d’acanto, fiori, rami frondosi), o geometriche, hanno accompagnato spesso ed integrato la nostra visione delle strutture; sono state eseguite con stucchi gessosi.

Non sempre le troviamo integre, per ripristinarne la funzione estetica e riproporre la leggibilità originaria dell’opera sono da ricostruire.

Innanzitutto cerchiamo di comprendere, anche con analisi di laboratorio, la costituzione materica, per poter approntare una malta compatibile e simile a quella in opera.

Il secondo passaggio, consiste nella preparazione ed applicazione della miscela di stucco1; la malta gessosa non deve essere troppo rapida nell’essicazione, altrimenti la sua modellazione aumenta di difficoltà, ma neppure troppo liquida: deve mantenere la sua forma anche verticalmente.

Per integrare le lacune negli stucchi, predisponiamo, quando le lacune richiedono quantità consistenti di materiale, opportune intelaiature di rinforzo, ed applichiamo la malta.

Appena comincia ad asciugare, ma prima che si secchi, iniziamo a modellarla per dare continuità formale con le parti originale dell’opera.

utensili per lavorazione gesso.
graffietti per sagomatura modanature gessose.

Nell’immagine sono visibili alcuni “graffietti” che consentono di ottenere la sagomatura delle modanature.

Qualora non riuscissimo a recuperare quello ottimale, possiamo sempre costruirlo sagomando una lamina di acciaio, vedi l’immagine a sinistra.

materiale lapideo, stucco
ricostruzione modanatura con graffietto costruito ad hoc.

Per un buon risultato, soprattutto se le ricostruzioni sono di notevoli dimensioni, o curvilinee, si possono presisporre delle guide.

È sempre utile farlo, anche per piccoli interventi: semplificano l’esecuzione degli innesti, migliorando da subito l’andamento superficiale ed estetico.

sagomatura gesso con supporto.
sagomatura con supporto lineare di ausilio
modanatura curvilinea, gesso.
ausilio per modanatura curvilinea.

 

 

 

 

 

 

 

modanatura ricostruita e restauro ultimato.
modanatura: restauro ultimato.

Terminata la sagomatura, ed i trattamenti di levigatura e protettivi superficiali, il risultato finale:

La pietra, diverse tipologie e caratteristiche delle rocce.

Dalla geologia apprendiamo tre grandi distinzioni tra le rocce: magmatiche, sedimentarie e metamorfiche.
Le pietre magmatiche si sono formate

dalla solidificazione del magma, una massa fusa generata nelle profondità della litosfera (quindi di origine endogena) e contenente elementi volatili (acqua, anidride carbonica, acidi, idrogeno, ecc…) che conferiscono ad essa fluidità e accelerano le reazioni chimiche. Queste rocce, per via delle varie modalità in cui si solidifica il magma, vengono a loro volta suddivise in rocce magmatiche intrusive o plutoniche, effusive o vulcaniche, ipoabissali o filoniane: le prime si formano all’interno della crosta terrestre o nella parte più superficiale del mantello terrestre e sono caratterizzate da un lento raffreddamento che favorisce la crescita dei cristalli al loro interno (all’incirca 150 mila anni), tipiche rocce di questo tipo sono i graniti e le quarzo-dioriti; le seconde invece si formano in seguito ad un’eruzione o a una colata lavica e pertanto subiscono un raffreddamento rapidissimo (un anno circa) che “congela” parte della roccia in uno stato amorfo. Sono formate da pasta di fondo microcristallina; la loro struttura è vetrosa. Esempi sono il basalto, il porfido e la pomice. Ci sono poi le rocce filoniane o ipoabissali, che, solidificando sotto la superficie terrestre, ma in piccole cavità a profondità modeste, hanno un raffreddamento abbastanza veloce. Le rocce magmatiche costituiscono la quasi totalità della crosta terrestre e del mantello. Esempi ne sono il basalto, la diorite, il granito2.

materiale lapideo, arenaria.
modanatura in arenaria.

Nelle due immagini abbiamo un capitello in arenaria, a sinistra ed un basamento ricavato da calcare, tipologie di pietra di origine sedimentaria:

 

 

le rocce generate per sedimentazione di detriti inorganici, organici e sali minerali, consolidati dalla successiva o contemporanea deposizione di una sostanza cementante. Si dividono in rocce chimiche, organogene e clastiche. Le rocce chimiche si formano in seguito all’evaporazione dell’acqua e alla conseguente precipitazione dei sali disciolti (come ad esempio il gesso). Le rocce organogene si formano in seguito alla sedimentazione di parti dure. Le rocce clastiche si originano dalla disgregazione di rocce preesistenti. In alcune di esse si possono distinguere i clasti, immersi in una sostanza cementante, detta matrice. Si tratta in sostanza di antichi sedimenti litificati a seguito di fasi di degradazione meteorica, erosione, trasporto e sedimentazione. Sono le rocce più diffuse sulla superficie terrestre in quanto coprono oltre l’80% delle terre emerse. Alcuni esempi sono l’arenaria, il calcare, la dolomia3.

materiale lapideo, calcare.
calcare.
materiale lapideo, marmo.
lapide in marmo, particolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il marmo appartiene al terzo tipo di rocce, metamorfiche,

originariamente magmatiche o sedimentarie, derivanti da rocce preesistenti, che sono state portate in condizioni di pressione e temperatura diverse da quelle presenti al momento della loro formazione. In seguito a questi cambiamenti la roccia subisce metamorfosi o trasformazioni chimiche e fisiche che ne alterano ad esempio la composizione mineralogica. Alcuni esempi sono l’alabastro e il marmo4.


1 – solitamente consiste di gesso e colla, in commercio si trovano molte tipologie di miscele gessose pronte all’uso, con l’aggiunta di acqua.
2 – estratto da wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Roccia
3 – pagina citata
4 – pagina citata

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conservazione

Marmo e pietra calcare, cause del loro degrado.

Conoscere le cause di degrado del marmo è essenziale per poter impostare programmi per la conservazione delle opere ottenute da questo.

Possono essere diverse, e di diversa tipologia.

Degrado del marmo e della pietra, per cause ambientali.

Il marmo, come tutte le rocce calcaree, ha poca resistenza alle aggressioni chimiche, specialmente se soggetto ad acidi.

Esposto all’aperto, ed alle intemperie, è soggetto a degrado per le piogge acide.

Queste possono veicolare elementi quali acido carbonico, acido nitrico ed acido solforico, che si formano per ossidazione e dissoluzione in acqua degli ossidi gassosi (CO2, NO2 e SO2), inquinanti atmosferici ed ambientali.

Il carbonato di calcio (CaCO3), principale componente del marmo, è insolubile in acqua.

Le piogge acide possono però reagire chimicamente con esso, trasformandolo in sali solubili, asportabili per dilavamento con perdita di materiale e corrosione superficiale.

La pioggia è sempre leggermente acida, a causa dei gas presenti nell’atmosfera.

La degradazione del marmo procede lentamente, con tempi dell’ordine dei secoli.

croste nere, degrado marmo
croste nere.

Attualmente, l’inquinamento produce acidi molto più forti, sia pure in piccola quantità.

La degradazione allora può essere più o meno veloce, a seconda del grado di inquinamento.

Reazioni comuni che portano al degrado delle opere di marmo o di pietra calcarea.

Carbonatazione: Il diossido di carbonio CO2 che si trova normalmente nell’aria, leggermente acido, dà alla pioggia un ph di circa 6.

Può lentamente attaccare il carbonato di calcio e trasformarlo in bicarbonato di calcio, solubile in acqua: CO2 + H2O + CaCO3 → Ca(HCO3)2.

Solfatazione: Il carbonato di calcio reagisce con l’acido solforico, presente nelle piogge acide, formando solfato di calcio: CaCO3 + H2SO4 → CaSO4 + CO2 + H2O.

Il CaSO4 (solfato di calcio) è circa mille volte più solubile in acqua del CaCO3.

Pertanto l’acqua piovana, per dilavamento, asporta il materiale degradato, cancellando così i lineamenti del manufatto.

Formazione di croste nere: sono costituite da cristalli di carbonato di calcio, di nitrato e solfato di calcio.

Queste sostanze, che si formano per azione della pioggia acida sulla superficie del marmo, sono sciolte nella pioggia.

Quando, per evaporazione dell’acqua, si ridepositano, inglobano particelle carboniose nere.

degrado capitello calcareo
capitello con croste nere
capitello calcare rosso Verona
capitello ripulito; la luce ne falsa la cromia.
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conservazione restauro

Patine e loro tipologia.

Le patine, i film superficiali che ricoprono le opere, ne sono parte costituente; prima di iniziare qualsiasi intervento manutentivo o di restauro, conviene analizzarle con attenzione e definirne la composizione, integrità e funzionalità.

Patine naturali ed artificiali

Possono essere artificiali o naturali, depositatesi sulle superfici con il passare del tempo.
Esempi di patina artificiale, la lucidatura, patine artificiali: lucidaturae naturale: patine naturali: incrostazioni di polvere
Possono essere originarie o successive.

Nel primo caso sono state applicate dall’artista.

Spetta a noi capire se la loro è una funzione estetica, per valorizzare l’opera, attribuendole una profondità di campo apprezzabile visivamente, o protettiva, per mantenere l’opera nel tempo.

Possiamo trovare diverse patine stratificate, con funzionalità diverse. Possono essere lacunose ed a copertura superficiale parziale.
patine articiali: pittura ad olio di lino deteriroatasi

Possono essere state applicate successivamente per ripristinare cromìe e protettivi deterioratisi nel tempo; le definiamo consone e pertinenti l’opera o non compatibili.

In questo caso se ne può valutare la rimozione.

La Direzione Lavori prenderà atto dell’effetto estetico, del grado di protezione o danneggiamento, della testimonianza storica, dell’integrità, per definirne l’eventuale conservazione o rimozione.

Quelle di origine naturale si presentano spesso come accumuli di polveri varie e/o incrostazioni di sporco di diversa tipologia.
patina naturale di polvere su superficie dorata

Sarebbero da rimuovere, ma occorre considerare vari fattori: se si sono compattate o inglobate con la superficie sottostante, la loro rimozione comporterebbe anche l’asportazione di parte dell’opera.

In questo caso conviene assottigliare gli strati invasivi, fermandosi prima di intaccare le superfici: meglio una cattiva pulitura che uno spatinamento o danneggiamento di un’opera.

Gli interventi di restauro sono finalizzati alla conservazione di un’opera, quindi cercheremo di salvaguardare le patine originarie.

Interverremo su quelle degradate per rivitalizzarle ripristinandone le funzioni -oppure ricostruendole se non è possibile la soluzione precedente-, ne integreremo le lacune, ne applicheremo di nuove per proteggere le superfici aumentando il periodo di vita degli oggetti.

Patine di diversa tipologia

Abbiamo scritto che una delle funzioni delle patine è di protezione delle superfici, dalle possibili erosioni nel tempo, dall’attacco di insetti, batteri o virus: una patina è uno strato isolante, quindi inibisce il contatto con gli agenti atmosferici.

Per quanto possano essere di difficile alterazione e durature, la loro esistenza è comunque notevolmente inferiore a quella dell’opera, tanto da poter essere sacrificabili: in caso di alterazione del film protettivo, lo si asporta e se ne riapplica uno analogo, con le stesse funzionalità.

La lucidatura di un mobile, col tempo, e l’esposizione a fonti luminose, tende ad ingiallire, ma al contempo preserva la cromia del legno dallo stesso degrado.

A Bologna e provincia per la costruzione di palazzi avevamo abbondanza di argilla ed arenaria.

Con la prima si costruiscono mattoni, la seconda è una pietra plasmabile, ma non molto resistente: è di origine sedimentaria, risultato di pressione, e tende a sgretolarsi.

I palazzi bolognesi sono realizzati quasi interamente con questi materiali.

Patine su materiale lapideo

Per abbellire le superfici e preservarle nel tempo si sono adottati procedimenti di sagramatura, per i mattoni, e scialbatura per le arenarie: nulla veniva lasciato a vista.
sagramatura su clonnascialbatura su capitelli

In queste immagini vediamo esempi di sagramatura, a sinistra, di
scialbatura sui capitelli a destra.

 

La sagramatura veniva ottenuta con lo sfregamento di mattoni non completamente cotti e calce sulle pareti fino ad ottenere uno strato uniforme di polvere di cotto e calce di qualche millimetro.

Successivamente con l’applicazione di ferri caldi si accelerava la carbonatazione superficiale della calce ottenendo in brevissimo tempo un film superficiale molto resistente, equivalente alla pellicola che troviamo nel guscio delle uova.

La scialbatura la otteniamo applicando una maltina, o boiacca, composta di unamiscela di polvere di arenaria, sabbia fine, calce aerea ed eventualmente un pigmento per ottenere il colore giallogolo tipico della stessa pietra.

In questo modo rivestiamo l’arenaria con un film avente le stesse caratteristiche estetiche, ma che può degradarsi preservando la pietra sottostante.

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